Il bello di Olivier Assayas è che ci ha abituato da tempo a film sempre diversi, fra i quali non sempre è facile trovare un fil rouge. Il brutto è che, come in questo caso, inciampa su pellicole di cui è davvero difficile parlare bene.
La storia di Hors du Temps, inframmezzata da storie e immagini autobiografiche narrate dalla voce fuori campo del regista, è quella di due fratelli, e delle rispettive fidanzate, che si ritrovano confinati nella casa di campagna di famiglia durante il famigerato lockdown del 2020. Paul, alter ego di Assayas interpretato da Vincent Macaigne, è terrorizzato dal virus, acquista compulsivamente su Amazon e fa fatica a empatizzare con i colleghi che lamentano di non poter lavorare. Etienne (Micha Lescot), rockstar più per i vestiti che porta che per una reale carriera, vive la situazioni con più leggerezza scatenando malumori. Fra montagne di crêpe e un pentolino eternamente incrostato, una seduta on line dalla psicoterapeuta e disquisizioni sulla raccolta differenziata, i due capiranno anche meglio i rapporti con le rispettive compagne.
Si parla, in questo film. Tanto, troppo, inutilmente, ma così tanto che a volte verrebbe voglia di urlare “State zitti!” come faceva Carlo Verdone agli animali dello zoo in Un sacco bello. Ciance da maschi cis bianchi, intellettuali e imborghesiti, che non sanno come ingannare il tempo; ciance gonfiate a dismisura persino in momenti che appaiono sinceri, come nel finale. Almeno nel Decameron, per passare il tempo mentre infuriava la peste, ci si raccontava novelle licenziose. Qui, ahimè, non c’è neanche un po’ di sesso.
La press conference: https://www.berlinale.de/en/2024/programme/202407361.html
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