Recensione del 29 febbraio 2020.
Autumn ha 17 anni, vive in Pennsylvania, è incompresa a scuola come a casa e ha scoperto di essere incinta. L’unica a saperlo è la cugina Skylar, con la quale lavora part-time come cassiera nel supermercato gestito da un laido personaggio. Abortire nel posto in cui vivono non è facile, così le due intraprendono un decisivo viaggio per New York City.
Dopo l’interessante Beach Rats (2017), premiato al Sundance per la miglior regia, Eliza Hittman torna a raccontare, con Never Rarely Sometimes Always, storie di giovani problematici, stavolta con una grazia e una delicatezza esemplari. Merito di una sceneggiatura asciutta, senza sbavature, sentimentalismi o inutili ruvidezze. Non sappiamo (e non sapremo) cosa esattamente è successo ad Autumn: di sicuro niente che lei riesca a raccontare nella struggente, dolorosa, cruciale scena che dà il titolo al film e che ne segna un importante punto di svolta. Ma il dettaglio non è importante, così come non è importante sapere cosa succederà dopo che tutto sarà compiuto: anche il finale, nella sua semplicità, risulta ammirevole. Importante e mai pedante, pur nel crudo dettaglio, la critica alle difficoltà di essere libere di abortire ancora oggi negli Stati Uniti. Unico piccolo scivolone della storia, più che altro per la poca credibilità, l’aiuto – per quanto necessario – del “ragazzo di città” interpretato da Théodore Pellerin.
A interpretare i tormenti di Autumn una pressoché esordiente Sidney Flanigan, perfetta nel suo ruolo: le auguriamo davvero una bella carriera. Molto valida anche l’interpretazione di Talia Ryder (la cugina Skylar), che vedremo il prossimo Natale nel remake di West Side Story diretto da Steven Spielberg.
AS
Never Rarely Sometimes Always
(titolo italiano: Mai, raramente, a volte, sempre)
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