Autoritratto di Marcello Mastroianni
da L’Italia della dolce vita, di Oriana Fallaci
“… È lecito chiedersi come sia diventato attore e perché. Lo son diventato all’italiana, cioè non per vocazione. Sebbene vi sia una componente femminile, nel mio carattere, che si addice al mestiere di attore. Alludo alla civetteria, alla vanità, alla puttaneria che il mio mestiere esige e che in buona parte io posseggo. Alludo anche al mio amore per la bellezza, per l’eleganza, per l’estetica insomma. E infine alludo al fatto che sono timido come una fanciulla, pudico come una vergine, innamorato dei fiori come una donna. Ovunque vada, mi circondo di fiori. Essi mi danno uno struggimento squisito, con essi respiro meglio. Be’, caratteristiche simili si ritrovano negli omosessuali e nelle femmine. Poiché non sono mai stato un omosessuale, poiché gli omosessuali mi disturbano profondamente e nei casi migliori suscitano in me un’irritata pietà, devo concludere che v’è in me un lato femminile. Ma torniamo ai miei debutti di attore. Ho detto che non fu per vocazione. Infatti fu per caso e per necessità. Le molle tipiche in un popolo di improvvisatori.
Devi sapere che a Roma, dopo la guerra, facevo il contabile in una casa cinematografica: la Rank Film. Non ero riuscito a inserirmi nell’industria edilizia e una cugina m’aveva trovato quel posto alla Rank. Qui lavoravo, o fingevo di lavorare, con cinque donne: in una stanza tappezzata con i ritratti di attori come James Mason, Patricia Neal, Margaret Lockwood, Phyllis Calvert. Forse influenzato da ciò, lasciavo che le cinque donne sgobbassero per me e passavo le giornate leggendo ad alta voce libri di poesie. Leggevo bene. Un giorno, la signora della stanza accanto mi disse: «Ho un cognato che recita all’università, vuole che gli parli di lei?». «Magari, risposi». Guadagnavo 28mila lire al mese che se ne andavano in medicine per mio padre ammalato. Mai un cinematografo, mai uno svago, tutt’al più un po’ di biliardo. Mi iscrissi all’università, facoltà di Economia e commercio, per frequentare l’Accademia d’arte drammatica. Mi piacque. Recitai due anni mentre gli amici del quartiere mi prendevano in giro: «Ecché, se’ diventato frocio?». Poi Luchino Visconti mi vide, per caso, e mi mandò a chiamare: gli serviva un giovane e pensava di scritturarmi. Dissi: «Quanto?». Rispose: «2.500 al giorno». «75mila al mese, Gesù!». Lasciai subito la Rank e per mesi non confessai nulla a mia madre: ogni mattina continuavo a uscire alle otto e a dire che andavo in ufficio. Mi ci volle coraggio per confessare la verità. Lei la prese bene ma sussurrò: «Figlio mio, durerà?». Lo ripete ancora: «Figlio mio, stacci attento. Con tutti i camerieri che hai, con quel che costa la vita. Un buon impiego sarebbe stato meglio». È convinta che, se fossi entrato alle Ferrovie dello Stato, ora sarei capostazione e avrei i biglietti gratis per la famiglia. Io ho avuto tanta fortuna, solo fortuna. La fortuna che a Visconti servisse un giovanotto rozzo come me. La fortuna che la sua compagnia fosse la più importante e allineasse attori come Ruggero Ruggeri, Paolo Stoppa, Rina Morelli, Vittorio Gassman. La fortuna che Gassman se ne andasse e io prendessi il suo posto. La fortuna che mi offrissero il cinema, infine, grazie a questo nasino che detesto. Ma il successo di un attore non è quasi mai legato a ragioni nobili e serie. A me si addice la battuta che c’è in un film di Federico Fellini: «Ho troppe qualità per essere un dilettante e non ne ho abbastanza per essere un professionista». …” .
L’Italia della dolce vita
di Oriana Fallaci
https://rizzoli.rizzolilibri.it/libri/litalia-della-dolce-vita/
Marchio: Rizzoli
Collana: Saggi
Prezzo: 20.00 €
Pagine: 352
Formato libro: 23.0×15.0x2.5
Data di uscita: 30/03/2017
ISBN carta: 9788817094610
ISBN E-book: 9788858689080
Un ritratto agro e inedito dei peccati della capitale neglianni d’oro di Cinecittà
Tra i tavolini di via Veneto o nei teatri di posa di Cinecittà, in piazzetta a Capri o al Lido di Venezia, uno sguardo attento e ironico illumina i riti dell’Italia della dolce vita. Oriana Fallaci, giovane scrittrice allora impegnata come corrispondente dell’Europeo, coglie lo spirito di quegli anni e di chi li abita: intellettuali, gente di cinema, ma anche viveur, nobili decaduti, borghesi in cerca di gloria. In un grande affresco, scanzonato e senza preconcetti, si ritrovano, con i loro tic, speranze e aspirazioni, gli attori famosi – da Sordi a Gassman, da Gina Lollobrigida a Sofia Loren – i registi – Visconti, Rossellini, Fellini, Antonioni – gli scrittori, i grandi produttori e le stelline in cerca di gloria che hanno fatto la fortuna del cinema italiano nel mondo e hanno saputo rappresentare, forse più che in qualsiasi altra epoca, le caratteristiche del “genio italico”. Oriana Fallaci li osserva, li incontra, li intervista, qualche volta ne diventa amica, a volte si fa odiare, ma sempre ce li restituisce vividi e umani, cogliendone i punti deboli e le grandezze, le idiosincrasie e le passioni. Un “dietro le quinte” che racconta un’epoca eccezionale attraverso la penna pungente di una grande scrittrice.
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