Undine (Paula Beer) è stata appena mollata in malo modo da Johannes (Jacob Matschenz) ma, miracoli dell’amore, si schianta su un acquario con il sommozzatore Christoph (Franz Rogowski): è colpo di fulmine, tutto sembra andare a gonfie vele, finché un brutto incidente non cambia definitivamente le loro vite.
C’erano una volta, diciamo tra gli anni Ottanta e Novanta, i film ambientati a Venezia che, inevitabilmente, venivano presentati al festival di Venezia. E di solito, diciamocelo, erano film abbastanza brutti. Anche la Berlinale, di tanto in tanto, non si sottrae a questa moda e Undine tutto sommato fa parte di quei film un po’ poco rappresentativi, un po’ sciovinisti. Non che sia brutto, però. Incerto, sì. Prevedibile, per certi versi: quando si rompe la statuetta sappiamo già benissimo come andrà a finire… E poi prolisso, prolisso su cose che francamente poco aggiungono alla narrazione e molto al minutaggio (tutte le parti dedicate alla visita guidata al museo).
Al netto di tutto ciò, Undine, evidentemente ispirato al mito degli spiriti acquatici del folclore germanico, ha qualcosa di appetibile, quel magico non detto, quell’attenzione ai personaggi, quell’amore un po’ Nouvelle Vague senza apparire fuori tempo massimo e, soprattutto, un finale poco piacione e che evita i cliché (ops, a parte l’ennesima citazione de L’atalante di Jean Vigo).
Dirige Christian Petzold, che riunisce anche stavolta, dopo l’apprezzato Transit (in concorso alla Berlinale 2018), la convincente coppia Paula Beer-Franz Rogowski.
Distribuzione: The Match Factory, Köln, Germany
Link alla Berlinale
Con:
Paula Beer (Undine)
Franz Rogowski (Christoph)
Maryam Zaree (Monika)
Jacob Matschenz (Johannes)
Anne Ratte-Polle (Anne)
Rafael Stachowiak (Jochen)
Julia Franz Richter (Nora)
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