Come si fa a parlar male di Philippe Garrel, tra le colonne portanti del cinema francese? Ci proveremo. Le sel des larmes, in concorso alla Berlinale 2020, trasmette poche emozioni e diversi fastidi. La storia, sebbene porti la firma di Jean-Claude Carrière e Arlette Langmann, puzzicchia di perbenismo e stereotipi ed è di quelle abbastanza già viste. Il protagonista è il solito maschio instabile che desidera scoparsi qualsiasi bella donna gli capiti a tiro, salvo poi scappare quando questa non gli si concede subito, s’innamora, rimane incinta o prende un’iniziativa che per lui (è pur sempre il solito maschio instabile) non è ortodossa, ovvero aprire la coppia a un terzo. Il tutto è girato in un bianco e nero sgranato senza che se ne capisca la ragione: a tratti Le sel des larmes sembra fatto da un qualsiasi regista indie americano di trent’anni fa, ispirato dopo aver visto in qualche cineforum mezzo film della Nouvelle Vague.
Di bello e di buono c’è senz’altro la scelta del cast, a cominciare dal terzetto di attrici: davvero intensa e realistica Oulaya Amamra, notevoli anche Souheila Yacoub e Louise Chevillotte (quest’ultima già con Garrel in L’amant d’un jour ma vista anche nel terribile Synonymes vincitore di Berlino 2019). Logann Antuofermo è il maschio alpha della situazione, André Wilms regala una magnifica interpretazione del padre. La cosa migliore: le battute finali, amare, divertenti, beffarde.
Le sel des larmes
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